La nota politica |
L’attesa riforma Primo passo verso un nuovo regime L’accordo tra Renzi e Berlusconi prescinde dal contenuto delle singole riforme ed è un accordo strategico, in grado di dare una svolta ad una legislatura impantanata che può interrompersi da un momento all’altro e con esito traumatico. La soluzione offerta alla sentenza della Consulta sulla legge elettorale, non sposta di un millimetro i termini della questione. Un premio di maggioranza al trentasette, al 40 o al 49 per cento, sarà comunque eccessivo, in quanto consente ad una minoranza la forza parlamentare per imporsi sul resto del Paese che conterebbe il 63, il 60 o al limite al 51 per cento. L’Italia negli anni ‘50 considerò "legge truffa" una legge elettorale che premiava una maggioranza capace di toccare il 50 per cento dei consensi. Ora ci si china ad una legge che premia chi raggiunge il 37. Altro che "bastardellum" come ha voglia di celiare il professor Sartori: qui siamo di fronte ad un abuso senza proporzioni. Del resto, se i partiti minori si lamentano delle preferenze, sono come coloro che sottoposti alla garrota dicono che fanno loro male le tonsille quando stanno per staccargli la testa. Se la Corte costituzionale ha avuto bisogno di sette anni per dire che la legge Calderoli era incostituzionale, escludiamo giudichi in tempi più brevi una legge la cui incostituzionalità è comunque più evidente. Può anche essere che prima di una nuova sentenza della Consulta si riformi la Costituzione perché tutto torni a posto, la parte seconda però più che il titolo quinto. Perché il problema principale, ovvero che stando alla parte seconda della Costituzione della Repubblica, le maggioranza su formano in Parlamento e non escono dalle urne, nemmeno viene considerato. Oramai sono tutti convinti che la stabilità debba sovrintendere la rappresentanza, come se la stabilità dipendesse dal marchingegno elettorale e non da una funzione politica. La Costituzione è stata modificata di fatto dal referendum del 1994 e nessuno ha avuto niente da ridire esclusi il Msi e Rifondazione comunista. Quello che è davvero interessante dell’accordo fra Renzi e Berlusconi è il ballottaggio, perché nel caso certo che nessuno arrivi al 37 per cento, ecco introdotto il secondo turno alla francese, fra le due coalizioni o partiti più votati. Per capire, facciamo una rappresentazione reale. Poiché, come dice l’onorevole Brunetta, varata la legge elettorale si vota: non si carica una pistola per non sparare ed ecco che abbiamo sulle ceneri del governo Letta un Pd che racimola con i suoi alleati il 30 per certo, Forza Italia e connessi il 27, e Grillo lanciato alla meta, magari tocca il 33% dei consensi! Grillo è il primo partito ma ha solo un pugno di mosche in mano, perché va al secondo turno, ed "il pregiudicato", "il nano", come lui si rivolge a Berlusconi, fa votare per Renzi con cui ha riformato il sistema. Renzi vince e darà garanzie a Berlusconi, magari qualche posto di governo. Si smonta il fenomeno Grillo, Pd e Forza Italia si preparano poi ad una prossima disfida, forti di quella comune coesione nazionale dei riformatori. In effetti si va verso il bipartitismo e magari anche all’esclusione di sei milioni di italiani dalla competizione elettorale e si elude la minaccia Grillo. Questo in teoria. In pratica vi è una precisa e intenzionale manipolazione della vita democratica del paese, il primo passo verso un nuovo regime fondato sull’alternanza e la complicità Pd, Pdl. |